a cura di Silvia Lisena
L'8 marzo si celebra la Festa della Donna, o meglio la Giornata Internazionale della Donna. Una ricorrenza che nasce all'inizio del secolo scorso a seguito di diversi eventi, anche tristemente noti, che sollecitarono il riconoscimento delle lotte portate avanti dalle donne e delle loro conquiste sul piano dei diritti, della politica e dell'economia.
L'8 marzo si festeggiano tutte le donne, tutte. Anche quelle con una disabilità. Anche le “donnhe”.
Ma cosa vuol dire essere “donnha”?
Nel mondo ci sono le donne.
Poi le donnhe.
Le donnhe non hanno solo la “D” da portare, ma anche la “H”.
E come pesa questa “H”!
Le donnhe sono quelle che “carine, ma...”, “simpatiche, ma...”, “buone confidenti, ma...”.
Sono quelle a cui si appiccica il “ma” come si appiccica ad un prodotto l'etichetta di scadenza.
Le donnhe sono quelle che devono essere prese in braccio perché si muovono con una carrozzina e una rampa di scale è un grosso ostacolo. Oppure sono quelle che devono essere guidate perché sono non vedenti. Oppure sono quelle con cui si deve comunicare mediante la LIS perché sono non udenti. Oppure ancora sono quelle che devono essere accompagnate in ospedale per i periodici controlli sulla loro condizione di salute precaria.
E che fatica far funzionare l'amore all'interno di così tante situazioni diverse!
Le donnhe sono quelle che possono indossare i tacchi sempre, tanto sono in carrozzina e non devono camminare.
Le donnhe sono quelle che, non vedenti, sono madri di due figli e ogni mattina si assicurano che essi abbiano varcato davvero la soglia della scuola. Perché disabili sì, ma fesse no!
Le donnhe sono quelle che, davanti allo specchio, severe scrutatrici delle loro imperfezioni, hanno la possibilità di scegliere come guardarsi nonostante tutto. E poi mettersi quel rossetto rosso che hanno comprato lo scorso weekend in occasione del black friday.
Le donnhe sono quelle che ingoiano rifiuti, sguardi compassionevoli ed elogi eccessivi. Che vivono silenziosamente cercando sempre nuovi modi per reinventarsi, per sé stesse prima che per gli altri. Che non finiscono mai di stupirsi e magari, nel loro piccolo, anche di stupire il mondo.
Insomma, le donnhe sono donnhe, questa è l'unica verità.
Con quell'”H” che non se ne vuole andare via, che a volte brucia e a volte salva.
Ma, prima di ogni cosa, le donnhe sono libere.
Libere di piangere davanti ai preconcetti altrui e poi di rialzarsi e ricominciare per sé stesse.
Libere di scegliere come vestirsi, pettinarsi e muoversi.
Libere di ridere, provocare, concedersi e ritrarsi nella femminilità che le caratterizza.
Libere anche di fare le stronze, se serve.
Libere di fare tutto e niente.
Libere di esistere.
Libere di essere donnhe.