Intervista a cura di Silvia Lisena
Sifahu è una ragazza che frequenta la Facoltà di Medicina presso l’Università degli Studi di Udine. Tempo fa, durante un comune esame, ha subito un episodio di abilismo che ancora adesso porta degli strascichi piuttosto pesanti: ha ricevuto lo stesso tempo dei suoi colleghi per effettuare il test che, però, diversamente da quello degli altri aveva meno domande. Forse in questo modo si voleva fare da contrappeso alla misura compensativa dell’extra-time del 50% a cui, in quanto persona con disabilità, avrebbe avuto diritto per legge. Peccato che Sifahu non senta la necessità di alcuna misura compensativa, per questo non ne ha mai fatto richiesta, e invece a sua insaputa si è ritrovata il test modificato. Così ha deciso di denunciare il tutto sui suoi canali YouTube e Instagram in modo da dare visibilità a un fenomeno a cui le persone con disabilità sono soggette di continuo, soprattutto indirettamente. Lo ha raccontato anche a noi e abbiamo tirato fuori un sorprendente ritratto di una ragazza che manifesta a testa alta la passione per la Medicina dimostrando di voler superare le barriere legate, nel suo caso, a una duplice discriminazione: essere paraplegica ed essere nera.
Ciao Sifahu! Innanzitutto, puoi raccontarci brevemente l'episodio di discriminazione abilista che hai subito?
Durante un esame, la professoressa ha deciso spontaneamente la misura compensativa da applicare e quindi io, non avendo ricevuto nessuna comunicazione di ciò prima dell’esame, mi sono trovata in una situazione davvero sgradevole che mi ha lasciato molto sgomenta. Nel mentre, non sono neanche potuta intervenire per rimediare a questo errore e quindi ho deciso di farlo presente dopo l’uscita dei risultati.
Quali reazioni hai ottenuto dalle persone dopo il videoappello sul tuo canale YouTube?
Ho ricevuto un supporto incredibile sui social, molte persone mi hanno scritto e questo per me è stato fondamentale per superare quell’episodio. Anche da associazioni studentesche c’è stato un forte ascolto: questo è un valore che ritengo fondamentale come primo approccio a una tematica così delicata come l’abilismo, che ha bisogno di essere rilevante soprattutto nei media.
Hai avuto ulteriori confronti con la docente e/o il Servizio Inclusione dell’Università?
Sì, ho avuto un incontro dove io e i miei legali abbiamo cercato un dialogo con le figure dirigenti e anche con la professoressa. Si spera che l’Università trovi una risoluzione al problema che c’è stato, in modo tale che episodi simili non ricapitino in futuro.
Hai subito una forma subdola di abilismo che, come molto spesso accade, è mascherata dalle presunte "buone intenzioni". Come si può combattere questo meccanismo e, come dici tu, attuare un'azione educativa affinché non ci sia più il rischio di far dilagare questo fenomeno?
Prima di tutto, come ho detto nel mio video, bisogna creare un dialogo coinvolgendo direttamente gli interessati (in questo caso gli studenti con disabilità) così da poter avere un confronto costruttivo e creare una società più inclusiva dotata davvero degli strumenti giusti per offrire le stesse opportunità di lavoro e carriera alle persone con disabilità.
Cosa vuol dire essere una "ragazza nera e paraplegica" nel XXI secolo? Quali sono le battaglie che devi ancora affrontare? Ci sono più ostacoli sul versante disabilità o sul versante colore della pelle?
Nella mia vita devo continuamente confrontarmi sia con il razzismo che con l’abilismo. Cerco sempre di affrontare le situazioni discriminatorie con leggerezza ma non è sempre facile. Credo ci siano più ostacoli sul versante disabilità per via delle innumerevoli barriere sia architettoniche che mentali, ma anche sul fronte del razzismo c’è molto su cui lavorare e si può farlo semplicemente imparando dalla storia e soprattutto dando voce alle persone nere che vivono in prima persona le discriminazioni e che, essendo competenti in materia di razzismo, ci danno gli strumenti (in primis il linguaggio) per poter migliorare una società che di per sé è razzializzata.
Non si vedono spesso persone con disabilità che intraprendono la Facoltà di Medicina. Anzi, rivestono piuttosto il ruolo di "pazienti" e non di "medici". Cosa ti ha orientata verso questa scelta e quali piani hai per il tuo futuro?
Innanzitutto, parto dal significato del mio nome che vuol dire “Dio guarisce”. Sin da piccola ho sempre voluto fare il medico per partecipare alle missioni con Medici senza Frontiere. Dopo un intervento nel 2013, in cui un errore medico mi ha causato una paraplegia, la mia vita si è fatta sempre più dura e difficile; nonostante ciò, ho conservato quel sogno che avevo nel cassetto e ho affrontato tutte le sfide nella mia vita a testa alta. Tutto ciò mi ha portato al conseguimento del test di Medicina nel 2021 e spero un giorno di diventare medico. Assieme alla Medicina ho la passione per la Letteratura, infatti scrivo da quando avevo 13 anni e spero un giorno di diventare una scrittrice e di pubblicare libri. Oltre a ciò, con la mia page atypical_med ho intenzione di abbattere più barriere possibili con video e post in modo tale da tessere le basi per una società più inclusiva.